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L'artrite reumatoide nuove prospettive terapeutiche

In quest'articolo focalizzerò la mia attenzione soprattutto sulla terapia farmacologica e, in particolare, parlerò di quei farmaci che in un qualche modo modificano la storia naturale della malattia. Per renderci conto del fenomeno ricordo che l'artrite reumatoide colpisce circa lo 0,5- 1% della popolazione prediligendo il sesso femminile con un rapporto maschi/femmine di 1:5circa. La malattia è diffusa in tutto il mondo, pur essendovi alcune aree geografiche più colpite. Può manifestarsi ad ogni età ma l’esordio è più comune tra i 30 e i 55 anni.

Le prime manifestazioni della malattia possono essere molto insidiose e talora passano mesi prima che si riesca a porre diagnosi con ragionevole certezza. Il decorso clinico è molto variabile: si va da forme lievi autolimitantesi fino all'estremo opposto di forme aggressive e invalidanti. I sintomi principali sono rappresentati dal dolore e dalla tumefazione delle articolazioni con impotenza funzionale, cui può accompagnarsi, secondo la gravità della malattia, senso di stanchezza (ovvero l’astenia… sintomo troppo spesso sottovalutato dal medico), febbricola, perdita di peso e depressione del tono dell’umore. Le articolazioni più frequentemente colpite sono quelle delle mani con perdita della forza (la mattina non si riesce a svitare la macchinetta del caffè, a tirar su le persiane, a svitare barattoli…) accompagnata a una rigidità normalmente di almeno un’ora.

La diagnosi precoce è un punto fondamentale per il trattamento. Questo deve avere come obiettivo quello di far scomparire i sintomi della malattia in breve tempo (indurre la remissione). Tanto più precoce è la diagnosi quanto più precoce sarà la terapia e la possibilità di far scomparire i sintomi (la remissione deve essere l’obiettivo principe!). Una terapia adeguata in fase iniziale (tre - sei mesi) è in grado di prevenire quei danni irreversibili (per esempio la deformazione delle mani con erosioni ossee) che occorrono entro i primi due anni di malattia.

E' questo quindi il termine massimo di tempo entro il quale bisogna agire per, se possibile, fermare la progressione della malattia.

Oggi tutto il mondo scientifico reumatologico è concorde sul fatto che la terapia va iniziata entro i primi tre massimo sei mesi dall’esordio della malattia e l’obiettivo indurre la remissione.

In passato la terapia era basata sull'uso dei farmaci antiinfiammatori (FANS), dei cortisonici e dei cosiddetti DMARDS (disease modifying antirheumatic drugs) ovvero di farmaci in grado di modificare il decorso della malattia: questi venivano via via aggiunti o modificati secondo il comportamento dell'artrite (a volte si aspettava la comparsa di erosioni ossee). Questo concetto è stato negli ultimi anni completamente sovvertito; numerosi studi clinici hanno, infatti, dimostrato che un atteggiamento più aggressivo (combinazione di più farmaci tra loro) porta a risultati più soddisfacenti. Il paradigma è 'più aggressiva si dimostra la malattia più aggressiva deve essere la terapia'.

Una volta chiarita la diagnosi è la prognosi ovvero capire come evolverà la malattia in futuro (è una forma autolimitantesi? È una forma aggressiva?..) che guiderà le nostre scelte terapeutiche. E' questo certamente un compito arduo in cui è fondamentale il mix formato dall'attenta valutazione del paziente (che comprende lo studio dell'attività di malattia, del grado di disabilità, della qualità di vita…), dall'esperienza e cultura del reumatologo, e dall'uso adeguato di una tecnologia sempre più avanzata (esami di laboratorio specifici, ecografia articolare, risonanza magnetica, ….).

Un altro problema da affrontare è psico-terapeutico: mi spiego meglio. Comunicare ad un paziente, soprattutto se giovane, che è affetto da artrite reumatoide, comporta uno shock emotivo le cui conseguenze non sono sempre facilmente prevedibili. Risulta allora fondamentale il rapporto medico-paziente che deve essere di assoluta fiducia perché soltanto lottando insieme si può combattere e sconfiggere il nemico. Le nuove terapie sono sempre più efficaci e sempre più raffinate, ma anche più temibili per gli effetti collaterali soprattutto se non sono utilizzate correttamente. Bisogna far capire (compito del reumatologo in simbiosi col medico di fiducia) al paziente che certi effetti collaterali sono spesso rari, talora transitori e completamente reversibili. Da certi farmaci non si può prescindere se si vuole vincere la guerra.

Quali farmaci oggi in uso ?


I farmaci antidolorifici e antiinfiammatori anche detti FANS insieme all’ultima nata classe dei Coxib sono fondamentali per alleviare il dolore nell'artrite reumatoide, ma su questi, non mi soffermerò poiché i loro effetti terapeutici come i loro effetti collaterali sono a quasi tutti ben noti. Voglio solo ricordare che questi farmaci non ‘curano’ l’artrite reumatoide ma tolgono infiammazione e alleviano il dolore.

I glucocorticoidi (il cortisone) sono farmaci molto preziosi a patto di usarli a bassi dosaggi e per periodi il più limitati possibile. Sono considerati farmaci ‘ponte’ che servono per alleviare la sofferenza del paziente in attesa che i farmaci curativi facciano il loro effetto.

I DMARDS (disease modifying antirheumatic drugs), ovvero di farmaci in grado di modificare il decorso naturale della malattia, più comunemente usati sono gli antimalarici di sintesi, il methotrexate, la leflunomide, i sali d'oro intramuscolari, la sulfasalazina e la ciclosporina. Possono essere usati da soli (in monoterapia) o combinati tra loro per sfruttarne le sinergie d'azione.

L'introduzione in terapia del methotrexate somministrato una volta la settimana (per bocca o per via sottocutanea o intramuscolare) ha segnato una svolta nel trattamento dell'artrite reumatoide. Attualmente in tutto il mondo il methotrexate è considerato il farmaco di riferimento cui tutti gli altri devono confrontarsi per dimostrare la loro efficacia. Pochi dati: dagli studi clinici emerge che con il methotrexate si possono avere, dopo quattro – otto settimane, miglioramenti anche del 50 –80% dei sintomi. Circa il 50 % dei malati continua ad assumere il farmaco dopo cinque anni a conferma della sua tollerabilità e sicurezza. La somministrazione orale d'acido folinico 24-48 ore dopo l’assunzione del methotrexate, riduce gli effetti collaterali senza ridurne l'efficacia in modo sostanziale. Un altro dato importante è che il methotrexate sembra ridurre l’aterosclerosi accellerata della artrite reumatoide.

Le terapie di combinazione, per esempio methotrexate + antimalarici di sintesi, similmente a come avviene nel trattamento dell'ipertensione arteriosa o in oncologia, cerca di ottenere un migliore e più rapido effetto terapeutico sulle artriti che non rispondono al singolo farmaco: si possono associare due, tre e talora anche quattro farmaci tra loro. Tengo a precisare che quando parlo di terapie di combinazione queste non comprendono i FANS e il cortisone.

La leflunomide (Arava®) agisce sui linfociti (sistema immunitario) e si è dimostrata efficace in numerosi studi quanto il methotrexate e la sulfasalazina nella cura della malattia. E' in grado di rallentare la comparsa di erosioni ossee, di migliorare lo stato funzionale e la qualità di vita del paziente. Sono compresse che si assumono una volta al giorno. L'effetto è lievemente più rapido di quello del methotrexate o della sulfasalazina: mediamente si ottiene l'effetto desiderato in 4-6 settimane. Negli studi effettuati la leflunomide si è dimostrata sicura similmente al methotrexate e alla sulfasalazina. La diarrea (normalmente transitoria) è l'effetto collaterale più frequente in assoluto ma vanno considerati anche un aumento degli enzimi epatici, la caduta dei capelli (se pur rara) e le reazioni allergiche.

In commercio in Italia e in Europa dal 1999-2000 per il trattamento della artrite reumatoide vi sono poi i cosiddetti farmaci biologici. Questi (che nulla hanno a che vedere con il cibo o i prodotti biologici) sono sintetizzati in laboratorio e vanno a bloccare i prodotti dell’infiammazione (le cosiddette citochine) che sono poi quelli che fanno gonfiare le articolazioni e provocano i sintomi della malattia.

Un primo gruppo di questi farmaci (attualmente i più utilizzati) sono gli anti-TNF alfa e ne esistono disponibili in commercio tre: l’infliximab (Remicade) che si somministra in ambiente ospedaliero per infusione endovenosa ogni 6-8 settimane, l’etarnecept (Enbrel) che si somministra una volta alla settimana sottocute (come l’insulina) e l’adalimumab (Humira) che si somministra sempre sottocute ogni 14 giorni. Questi tre farmaci raggiungono il massimo del loro effetto se associati al methotrexate (o in caso di intolleranza al methotrexate ad altro farmaco quale la leflunomide).

La capacità dei cosiddetti farmaci bloccanti il TNFalfa di alleviare i sintomi dell'artrite reumatoide migliorando sensibilmente la qualità di vita dei pazienti, ha generato molto entusiasmo nell'ambiente scientifico e tra i malati. Bisogna però tenere presente che esistono delle precauzioni da prendere e che non tutti i malati possono assumere questi farmaci. I pazienti con pregressa tubercolosi, quelli con malattie demielinizzanti, con scompenso cardiaco in classe IV o con pregresse infezioni virali (per esempio epatite B) non dovrebbero utilizzare questi farmaci. Esistono poi altre controindicazioni che vanno considerate volta per volta da un medico reumatologo esperto in farmaci biologici.

Un altro farmaco biologico in uso è un anti-interleuchina-1ovvero l’anakinra (Kinerette). Alcuni effetti collaterali e la modalità di somministrazione (un fiala sottocute ogni giorno) ne stanno tuttavia limitando l’utilizzo.

Altri farmaci sempre più innovativi sono o saranno a breve disponibili per la cura dell’artrite reumatoide. Abbiamo detto che è questa una malattia infiammatoria cronica la cui patogenesi è piuttosto complessa. Negli ultimi anni è aumentata la conoscenza del ruolo svolto dai linfociti B e T (cellule del sistema immunitario) e il Rituximab (Mabtera) e l’Abatacept sono due farmaci che vanno a interferire con le cellule B linfocitarie. Queste cellule del sistema immunitario hanno un ruolo importante nel meccanismo che conduce all'alterazione delle strutture articolari. Da gennaio del 2007 il Rituximab è disponibile per il trattamento di tutte quelle forma di artrite reumatoide che sono resistenti a methotrexate e anti-TNF alfa.

Ma la storia continua… a breve avremo a disposizione altre molecole ancora più specifiche e raffinate che amplieranno ulteriormente le armi in nostro possesso per combattere questa malattia.