Dialetto bergamasco
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « ...Se bé cognosse, che sto nost parlà
bergamasch no s'convè a lodà la zét, gnè da fà pians, perché chi lès o sèt al gà fà pio tost gni vòia d'grignà... » | |||
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« ...Se bé cognosse, che sto nost parlà bergamasch no s'convè a lodà la zét, gnè da fà pians, perché chi lès o sèt al gà fà pio tost gni vòia d'grignà... »</div> | |||
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Il dialetto bergamasco è un dialetto appartenente al ramo orobico od orientale delle lingue lombarde. Appartiene al ceppo delle lingue gallo-italiche ed è affine ai molti dialetti parlati in Lombardia e in Svizzera nel Canton Ticino.
Il bergamasco è derivato dal latino volgare innestato sulla precedente lingua celtica parlata dai Galli. Con il trascorrere del tempo ha subito varie modifiche, le più importanti delle quali sono avvenute durante le dominazioni longobarde che hanno lasciato terminologie germaniche entrate a fare parte del linguaggio comune.
I parlanti il lombardo occidentale (ma anche le lingue correlate come emiliano-romagnolo o piemontese) lo ritengono poco comprensibile poiché, nonostanze alcune somiglianze lessicali e morfologiche, possiede, specialmente nelle varianti montane, una fonetica molto stretta e diversa da quella di lingue e dialetti simili.
Il dialetto bergamasco è stato a lungo oggetto di studio con esiti non sempre benevoli, spesso dovuti alla prepotenza di una lingua ufficiale che si voleva unificatrice o alla difficoltà della sua comprensione nel raffronto con stereotipi linguistici ritenuti via via più nobili.
Dante Alighieri poco indulgente verso le parlate lombarde, criticava quelle che riteneva asprezze,
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « Post quos Mediolanenses atque Pergameos eorumque finitimos eruncemus, in quorum etiam improperium quendam cecinisse recolimus
Enter l'ora del vesper, ciò fu del mes d'occhiover » | |||
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« Post quos Mediolanenses atque Pergameos eorumque finitimos eruncemus, in quorum etiam improperium quendam cecinisse recolimus Enter l'ora del vesper, ciò fu del mes d'occhiover »</div> | |||
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Altri autori l'hanno dileggiato riducendolo, in maniera superficiale, a parlata macchiettistica esclusiva della gente più incolta e umile.
Il dialetto bergamasco è la lingua in cui Ermanno Olmi ha girato il suo film L'albero degli zoccoli, vincitore del festival di Cannes nel 1978, in cui si racconta la vita di una comunità di mezzadri della pianura bergamasca alla fine del XIX secolo.
Espressione idiomatica tipica del bergamasco è pòta, termine di origine triviale, usato oggi come esclamazione principalmente per esprimere senso di rassegnazione davanti all'inevitabile. Il termine esiste anche in bresciano, cremasco e nell'antico padovano (Ruzante) nel senso di insomma.
Indice
Origine
Il dialetto bergamasco ha origini antiche, è attestato nel basso medioevo da diversi atti di transazioni private, ma anche da alcuni componimenti poetici fatti risalire alla prima metà del XIII secolo. Questi tuttavia si discostano dal vernacolo parlato perché subiscono l'influenza della mediazione culturale degli scrittori, notai o comunque uomini di cultura che li hanno trascritti. Si hanno così lemmi come unam colcedram o peciis panni bergamini sgrigis laddove colcedram e sgrigis derivano rispettivamente dai dialettali cocèta e sgrèse.<ref>B. Belotti – Storia di Bergamo e dei bergamaschi.</ref>
Al XIV secolo risalgono un glossario e alcuni eserciziari usati per facilitare la traduzione dal dialetto al latino e viceversa
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « [...] hec mulier id est la fomna et dicitur mulier, [...] hoc ignifer id est ol bernaz et dicitur ignifer [...] »
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« [...] hec mulier id est la fomna et dicitur mulier, [...] hoc ignifer id est ol bernaz et dicitur ignifer [...] »</div> | |||
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(LA) « Petrus dominatur mihi. Et Martinus insequitur me, [...] calamo quem quis male moderatus est non potest fieri bona littera »
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « E fì senorzat da Peter e incalzat da Martì, [...] cola pena mal temprata no po fì bona letra. »
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« E fì senorzat da Peter e incalzat da Martì, [...] cola pena mal temprata no po fì bona letra. »</div> | |||
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Tra i componimenti poeti sono ricordati un Decalogo e una Salve Regina di chiara ispirazione religiosa contenuti in codici del tutto analoghi per struttura e forma ad altri duecenteschi.
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « A nomo sia de Crist ol dì present
Di des comandament alegrament I qua de de pader onnipotent A morsis per salvar la zent. E chi i des comandament observarà in vita eterna cum Xristo andarà [...] » | |||
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« A nomo sia de Crist ol dì present Di des comandament alegrament I qua de de pader onnipotent A morsis per salvar la zent. E chi i des comandament observarà in vita eterna cum Xristo andarà [...] »</div> | |||
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Varianti
Oltre a quello parlato nella città di Bergamo, che può essere considerato centrale sia in termini geografici che linguistici, ne esistono numerose varianti locali, alcune circoscritte anche a piccole comunità montane, che si differenziano tra loro per alcune peculiarità del lessico e della pronuncia di alcuni suoni; uno degli esempi più evidenti è la s sorda - come in sich (cinque) o sura (sopra) - che diventa h aspirata (hich, hura) in molte località di pianura e z (zich, zura) in alcune località montane.
Tipico delle comunità montane è anche l'uso dello scötöm, un soprannome che consente di distinguere i diversi rami familiari di una comunità - a volte persino un intero paese - contraddistinta da un solo cognome; lo scötöm è solitamente un aggettivo o un sostantivo legato a una peculiarità fisica o a un'attività e si declina per genere usando una forma femminile per identificare mogli e figlie appartenenti al ramo familiare.
Tra le principali varianti del dialetto si possono annoverare quelle della Valle Imagna, della media e alta Valle Seriana, della Val Gandino, della Valle Brembana e della Valle di Scalve. In molte zone di pianura prevale l'uso dei suoni aspirati; mentre muovendosi verso le province vicine, il lessico risulta ibridato da quello delle parlate confinanti (ad esempio dal milanese o dal lecchese). Una variante particolare è stato il Gaì, peraltro ritenuto un linguaggio di classe in quanto
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Gaì
Il gaì era il gergo dei pastori bergamaschi, principalmente usato in Val Seriana. Si tratta di un linguaggio particolare, come un codice, ormai quasi scomparso, comune tra tutti coloro che svolgevano un’attività in cui lo spostarsi era un elemento fondamentale come accadeva ai pastori che praticavano la transumanza.
20px | Per approfondire, vedi {{#if: |{{#if: |le voci Gaì{{#if: |, {{{2}}}{{#if: |, {{{3}}}{{#if: |, {{{4}}}{{#if: |, {{{5}}}{{#if: |, {{{6}}}{{#if: |, {{{7}}} e {{{8}}}| e {{{7}}}}}| e {{{6}}}}}| e {{{5}}}}}| e {{{4}}}}}| e {{{3}}}}}| e {{{2}}}}}|la voce Gaì}}|{{#if: |le voci Gaì{{#if: |, [[{{{2}}}]]{{#if: |, [[{{{3}}}]]{{#if: |, [[{{{4}}}]]{{#if: |, [[{{{5}}}]]{{#if: |, [[{{{6}}}]]{{#if: |, [[{{{7}}}]] e [[{{{8}}}]]| e [[{{{7}}}]]}}| e [[{{{6}}}]]}}| e [[{{{5}}}]]}}| e [[{{{4}}}]]}}| e [[{{{3}}}]]}}| e [[{{{2}}}]]}}|la voce Gaì}}}}. |
Letteratura
I dialetti, e con essi il bergamasco, hanno riacquistato a partire dagli anni '90 una propria dignità; è stata rivalutata la letteratura vernacolare, non più minore ma espressione di comunità che, seppure integrate in un tessuto nazionale più ampio, mantengono vive la propria cultura e le proprie tradizioni.
Tra i diversi studiosi che si sono dedicati al dialetto bergamasco si distingue per la qualità della propria produzione letteraria Antonio Tiraboschi il cui vocabolario, sempre attuale, è il più completo mentre le sue ricerche etno-letterarie, sono essenziali per la comprensione della comunità orobica. Oltre al vocabolario ha lasciato una Raccolta di proverbi bergamaschi e diversi inediti che sono stati successivamente pubblicati nei volumi L'anno festivo bergamasco, Giuochi fanciulleschi. Indovinelli popolari bergamaschi, Usi e tradizioni del popolo bergamasco.
Bortolo Belotti, il grande storico di Bergamo, la cui Storia, per quanto datata, è ancora fondamentale per la conoscenza del territorio e della sua evoluzione, vi ha trattato il tema del bergamasco con ampie notazioni bibliografiche; ha anche scritto alcune opere minori in vernacolo.
Molti autori nel 1600 produssero pregevoli traduzioni in dialetto di opere che avevano avuto un grande successo come fece Alberto Vanghetti, nel 1655, con l'Orlando Furioso dell'Ariosto. La sua fu una vera e propria traduzione piuttosto che una parodia, fu il tentativo reale di avvicinare alla gente comune un'opera famosa.
Bello l'incipit del suo Orlando in vernacolo:
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « I armi, i fomni, i soldacc, quand che in amôr
I andava d' Marz, af voi cuntà in sti vers, Che fü in dol tèp che con tancc furôr Al vign de za dol mar i Mor Pervers, Condücc dal re Gramant, so car signôr, Che voliva più Franza e l'univers E destrüz sech Re Carlo e i Paladì Per vendicà sò Pader Sarasì. » | |||
{{#if:Belotti. op. cit.| (Belotti. op. cit.) }}
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« I armi, i fomni, i soldacc, quand che in amôr I andava d' Marz, af voi cuntà in sti vers, | |||
{{#if:Belotti. op. cit.| (Belotti. op. cit.) }}
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Nel '700 l'abate Giuseppe Rota scrisse alcuni componimenti poetici in dialetto che ebbero una certa diffusione. Particolarmente interessanti i suoi versi in difesa del bergamasco e della sua terra
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « Che per spiegass bé e spert, sciassegh e stagn
a tate lengue ch'è montade in scagn, al Fiorentì, al Franses la nost lagh dà neuf per andà ai dès. [...] Mi per efett de ver amour, de stima, Lavori e pensi in prima A i mè compatriogg a i mè terèr; E dopo, se 'l men vansa, a i forestèr. » | |||
{{#if:ex Belotti, op. cit.| (ex Belotti, op. cit.) }}
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« Che per spiegass bé e spert, sciassegh e stagn a tate lengue ch'è montade in scagn, al Fiorentì, al Franses la nost lagh dà neuf per andà ai dès. [...] Mi per efett de ver amour, de stima, Lavori e pensi in prima A i mè compatriogg a i mè terèr; E dopo, se 'l men vansa, a i forestèr. »</div> | |||
{{#if:ex Belotti, op. cit.| (ex Belotti, op. cit.) }}
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Ma il capolavoro delle traduzioni seicentesche, e non solo, di un'opera celebre nel dialetto bergamasco è da considerarsi la Il Goffredo del signor Torquato Tasso travestito alla rustica bergamasca da Carlo Assonica dottor ossia la Gerusalemme Liberata tradotta da Carlo Assonica nunzio di Bergamo a Venezia. Un'ottava dell'assemblea diabolica davanti a Plutone esprime tutta la piacevolezza ma anche la forza della sua traduzione:
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « Al vé vià quacc diàvoi chi gh'è mai
Al segn de quel teribel orchesù. De pura 'l sa sgörlè i mür infernai. E serè fò Proserpina i balcù; I è röse e fiur, borasche e temporai, Tempeste e sömelèc, saete e tru, E a par de quel tremàs là zo de sot, L'è cöcagna balurda 'l teremòt. » | |||
{{#if:ex Belotti, op. cit.| (ex Belotti, op. cit.) }}
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« Al vé vià quacc diàvoi chi gh'è mai Al segn de quel teribel orchesù. De pura 'l sa sgörlè i mür infernai. E serè fò Proserpina i balcù; I è röse e fiur, borasche e temporai, Tempeste e sömelèc, saete e tru, E a par de quel tremàs là zo de sot, L'è cöcagna balurda 'l teremòt. »</div> | |||
{{#if:ex Belotti, op. cit.| (ex Belotti, op. cit.) }}
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Pietro Ruggeri da Stabello, (Stabello di Zogno 1797, Bergamo 1858), emerge nel panorama poetico-letterario bergamasco del XIX secolo con una produzione poetica dialettale notevole. Antonio Tiraboschi curò, (1931) una raccolta delle sue Poesie in dialetto bergamasco.
Erede del Ruggeri a cui può essere accostato per temperamento, Benvenuto Trezzini da Villa d'Almè, (1851-1910), fu giornalista e polemista sarcastico e acuto. Assieme ad Annibale Casartelli e Teodoro Piazzoni fondò nel 1894 il giornale Ol Giopì tuttora curato e pubblicato dal Ducato di piazza Pontida.
Tra i molti poeti dialettali della prima metà del XX secolo si distinsero Giuseppe Bonandrini, Giacinto Gambirasio, il popolare Giuseppe Mazza, detto Felipo, Renzo Avogadro, (Rasghì), il malinconico Sereno Locatelli Milesi, Pietro Astolfi, (Giopa), Angelo Pedrali, il faceto Giuseppe Cavagnari
Oggi nuove generazioni di poeti dialettali si affacciano generosamente sulla scena poetica locale testimoni di una cultura e di una tradizione tuttora vve e dinamiche.
Il Ducato di piazza Pontida, un'associazione volontaria senza fini di lucro, nata da un'intuizione di Rodolfo Paris il 15 marzo 1924, cerca di valorizzare il dialetto e le tradizioni bergamasche promuovendo appositi corsi di studio, pubblicazioni dialettali, come il vocabolario del Belotti, e manifestazioni folcloristiche tese a mantenere vive la parlata le tradizioni locali.
Grammatica
Come tutte le lingue anche il bergamasco ha delle regole che nascono dalla sedimentazione consuetudinaria di costruzioni lessicali orali e letterarie comunemente accettate e usate. Anche se lievi differenze si riscontrano in diverse parti del territorio orobico, la struttura liguistica base, la fonetica, la morfologia, il vocabolario rimangono comuni.
L'origine e la stretta contiguità con l'italiano, di cui
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{{#if:|{{{{{lingua2}}}}}|(IT)}} « [...] subisce l'influenza sempre più livellante e distruttiva [...] »
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{{#if:Umberto Zanetti, La grammatica bergamasca, Bergamo, Sestante, 2004| (Umberto Zanetti, La grammatica bergamasca, Bergamo, Sestante, 2004) }}
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« [...] subisce l'influenza sempre più livellante e distruttiva [...] »</div> | |||
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Particolarmente tipiche sono l'aferesi e l'esistenza di una forma interrogativa del verbo (an va, andiamo; an vài?, andiamo?) e, di origine probabilmente germanica, la caratteristica di avere il verbo coniugato allo stesso modo per le terze persone singolare e plurale e per la prima persona plurale.
Queste voci verbali vengono distinte tra loro tramite un pronome clitico obbligatorio posto tra il pronome personale (facoltativo) e la voce verbale, come nei dialetti veneti.
- (lü) 'l laùra = egli lavora
- (lé) la laùra = ella lavora
- (nóter) an laùra = noi lavoriamo
- (lur) i laùra = loro lavorano
- (lü) 'l màia = egli mangia
- (lé) la màia = ella mangia
- (nóter) an màia = noi mangiamo (si noti che in questo caso la pronuncia della combinazione n+m diventa una m doppia).
- (lur) i màia = loro mangiano
Come nel dialetto milanese e in altri dialetti lombardi ed emiliani, la negazione, espressa con l'avverbio mìa, segue il verbo anziché precederlo.
- 'ndomà laure mìa = domani non lavoro
- adès màe mìa = ora non mangio
Fonetica
Il bergamasco possiede una fonetica simile a quella degli altri dialetti lombardi orientali. Possiede gruppi di suoni consonantici non presenti nella lingua italiana come le sequenze di s + g dolce e s + c dolce; quest'ultima non può essere resa attraverso l'ortografia italiana se non inserendo un tratto o un punto separatore tra la s e la c, analogamente a come avviene nella scrittura del romancio.
La si può trovare a inizio di parola (s-cèt, bambino), in posizione centrale (brös-cia, spazzola), in fine di parola (mas-cc, maschio).
La lettera v a inizio di parola generalmente è muta, viene pronunciata solo per eufonia quando segue una l o una n (ad esempio: i, vino - ol vi, il vino).
Pur non esistendo regole di ortografia standardizzate, l'editoria locale ha creato uno standard di fatto. La c dolce (come in cielo) in fine di parola viene resa per scritto con cc, la g dolce (come in gelo) in fine di parola viene resa per scritto con gg.
Le vocali, come nel bresciano, sono nove
- a, come la a italiana
- é, come la e chiusa italiana: io, mé
- è, come la e aperta italiana : (egli) è, (lü l’) è
- i, come la i italiana
- ó, come la o chiusa italiana : solito, sólet
- ò, come la o aperta italiana : grosso, gròs
- ö, come la ö tedesca e lo oeu francese: più, piö
- u, come la u italiana
- ü, come la ü tedesca e la u francese: rifiuto, refüt
Come in italiano, esistono coppie minime di parole in cui l'apertura o la chiusura del suono vocalico fa differenza grammaticale o di significato
- la ròba (la roba, le cose) - la róba (ella ruba)
- mé (io) - mè (bisogna, si deve)
Le parole che terminano per consonante non terminano con una consonante sonora, ma con la corrispondente consonante sorda. Non esiste una regola ortografica standardizzata per preferire la trascrizione fonemica (usata in questa voce) a quella morfemica. Esempio:
- gialt, giallo - gialda, gialla - gialcc, gialli - gialde, gialle
Articoli e sostantivi
Articoli e sostantivi del bergamasco sono di due generi (maschile e femminile) e di due numeri (singolare e plurale).
L'articolo indeterminativo maschile singolare è ü, femminile è öna; nelle zone di pianure sono diffuse le forme an e ana, spesso apocopate in 'n e 'na. Come in italiano, non esiste un articolo indeterminativo plurale, ma si ricorre all'articolo partitivo de + articolo determinativo (dol, d'la, di).
L'articolo determinativo maschile singolare è ol, femminile è la, al plurale è identico per entrambi i generi ed è i.
Plurale dei sostantivi e degli aggettivi
i lemmi che al singolare terminano nelle consonanti:
- d-t le trasformano al plurale in cc, esempio: dispetto, ol dispet, i dispecc
- n la trasforma in gn, esempio: anno, l'an, i agn
- l la trasforma in i, esempio: badile, ol badél, i badéi
Le altre consonanti rimangono invariate, esempio: grido, ol vèrs, i vèrs;
i lemmi che terminano nelle vocali:
- toniche al plurale rimangono invariate es: città, la sità, i sità;
i lemmi che terminano nelle vocali atone:
- a la trasforma al plurale in e, esempio: bandiera, la bandéra, i bandére;
i lemmi che terminano in:
- ca ga le trasformano in che ghe, esempio: oca, óca, óche;
i lemmi che terminano in:
- cia, gia al plurale diventano ce, ge, esempio: vecchia, la ègia, i ège;
i lemmi che terminano in:
- e al plurale rimangono invariati
i lemmi che terminano in:
- o la trasformano in i, esempio: caso, ol caso, i casi.
Aggettivi e participi passati
Concordano in genere e numero col soggetto; quelli maschili al singolare terminano generalmente per consonante e al plurale rimangono invariati, a meno che non terminino per -t, in tal caso la consonate finale viene addolcita in -cc, spesso pronunciato -i per ragioni eufoniche (cioè quando l'aggettivo è seguito da una consonante):
- sì' stacc fürtünacc iér [siˈstai̯ fyrty'natʃ jer ]
- ga sì' 'ndacc iér [gasin'datʃ jer]
quelli femminili al singolare terminano generalmente per -a e al plurale la loro desinenza cambia in -e (mat, macc, mata, mate).
Gradi degli aggettivi
Gli aggettivi qualificativi hanno, anche nel dialetto bergamasco, i due gradi del comparativo e il superlativo, a loro volta distinti, i primi, in comparativo di uguaglianza, comparativo di maggioranza e comparativo di minoranza, e il secondo in superlativo relativo e superlativo assoluto.
- Il comparativo di uguaglianza si esprime aggiungendo all'aggetivo le locuzioni:
compàgn de (uguale a), come, coma (come), tat quat de (tanto quanto), esempio: lü l'è bèl compàgn de té (lui è bello come te).
- Il comparativo di maggioranza si esprime con la locuzione:
piö ... de (più... di), esempio: lü l'è piö bèl de té.
- Il comparativo di minoranza si esprime con la locuzione:
méno ... de (méno ... di), esempio: lü l'è méno bèl de té.
- La comparazione tra due aggettivi si esprime con le locuzioni:
piö ... che... (più ... che ...), méno ... che ... (meno ... che ...), esempio: piö lóng che larg, méno lóng che larg.
- Il superlativo relativo si esprime con le locuzioni:
ol piö ... de ... (il più ... di ... ), ol méno ... de ... (il meno ... di ...), esempio: ol piö bèl dol paìs (il più bello del paese), ol méno bèl dol paìs (il meno bello del paese).
- Il superlativo assoluto si esprime con le locuzioni:
pròpe, töt, piö che, tant, gran(d), esempio: pròpe bèl (bellissimo).
Aggettivi dimostrativi
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maschile sing. | plurale | femminile sing. | plurale | |
questo | chèst, chèsto, 'sto | chès-cc | chèsta, 'sta | chès-ce, 's-ce |
quello | chèl | chèi, chi | chèla | chèle |
altro-i | óter | óter | ótra | ótre |
stesso | istèss, amò chèl | amò chèi | stèssa | stèsse |
medesimo | medèsem, amò chèl | amò chèi | medésima | medésime |
tale | tal | |||
certo | cèrt, sèrt |
Verbi
Come l'italiano, i verbi del dialetto bergamasco hanno sei persone, ma essendo tre di esse identiche, è necessario distinguerle con il pronome clitico, obbligatorio. Come in italiano è invece facoltativo esplicitare il pronome personale soggetto.
I tempi dei verbi dialetto bergamasco nel modo indicativo sono tre: presente, passato e futuro; non vi è distinzione tra passato remoto ed imperfetto. Ai tre tempi semplici corrispondono altrettanti tempi composti costruiti con i verbi ausiliari èss (essere) e ìga (avere).
Esiste un modo condizionale, mentre il senso reso in italiano dal congiuntivo viene reso in bergamasco con l'indicativo passato; fa eccezione il verbo essere che ha un modo congiuntivo distinto.
Coniugazione del verbo èss (essere); molte voci verbali presentano variazioni in base alla zona in cui il dialetto è parlato
| ||||||
presente | passato | futuro | condizionale | congiuntivo presente | congiuntivo imperfetto | |
mé | só | sère - sìe | saró | sarèss | sìes - sées | föss - födèss |
té | to sét | to sèret - to sìet | to sarét | to sarèsset | to sìet | to fösset - to födèsset |
lü lé |
al è l'è |
al éra - al ìa l'éra - l'ìa |
al sarà la sarà |
al sarèss la sarèss |
al sìes - al sées la sìes - la sées |
al föss - al födèss la föss - la födèss |
nóter | an sé | an séra - an sìa | an sarà | an sarèss | an sìes - an sées | an föss - an födèss |
óter | sìf | sìef | sarìf | sarèssef | sìghef | fössef - födèssef |
lur | i è | i éra | i sarà | i sarèss | i sìes - i sées | i föss - i födèss |
| ||||
presente | passato | participio passato | ||
èss - ìss | èss (i)stàcc | sing. m. stacc - sing. f. stàcia pl. m. stacc - pl. f. stàce |
Coniugazione del verbo íga (avere); molte voci verbali presentano variazioni in base alla zona in cui il dialetto è parlato
| ||||
presente | passato | futuro | condizionale | |
mé | g'ó | gh'ìe | g'avró | g'avrèss |
té | to gh'ét | to gh'ìet | to g'avrét | to g'avrèsset |
lü lé |
al g'à la g'à |
al gh'ìa la gh'ìa |
al g'avrà la g'avrà |
al g'avrèss la g'avrèss |
nóter | an g'à | an gh'ìa | an g'avrà | an g'avrèss |
óter | gh'ìf | gh'ìef | g'avrìf | g'avrèssef |
lur | i g'à | i gh'ìa | i g'avrà | i g'avrèss |
| ||||
presente | passato | participio passato | ||
(v)íga | ìga üt - ìga it | sing. m. (v)üt - (v)it - sing. f. (v)üda - (v)ida pl. m. (v)icc - pl. f. (v)ide |
ìga significa "avere" nel senso di "possedere"; quando è usato come ausiliario, perde la particella ga, equivalente al pronome relativo italiano "ci"
- g'ó öna moér e du s-cècc: ho una moglie e due figli
- ó maiàt, ó biìt, ó dürmìt: ho mangiato, ho bevuto, ho dormito
Verbi regolari
- Esempio di coniugazione di un verbo regolare
| ||||
presente | passato | futuro | condizionale | |
mé | màe | maiàe | maierò | maierès |
té | to màet | to maiàet | to maierét | to maierèset |
lü lé |
al màia la màia |
al maiàa la maiàa |
al maierà la maierà |
al maierès la maierès |
nóter | an màia | an maiàa | an maierà | an maierès |
óter | maìf | maiàef | maierìf | maierèsef |
lur | i màia | i maiàa | i maierà | i maierès |
Verbi irregolari
- Coniugazione del verbo fà, fare.
| |||||
presente | passato | futuro | condizionale | imperativo | |
mé | fó | fàe | farò | farèss | - |
té | te fé | te fàet | te faré | te farèsset | fà |
lü lé |
al fà la fà |
al fàa la fàa |
al farà la farà |
al farèss la farèss |
che l' faghe che la faghe |
nóter | an fà | an fàa | an farà | an farèss | fem |
óter | fìf | fàef | farì | farèssef | fì |
lur | i fà | i faà | i farà | i farèss | che i faghe |
È frequente nel bergamasco (come anche in altri dialetti lombardi) l'uso di preposizioni al seguito del verbo per modificarne il significato, con una logica analoga a quella dei phrasal verbs della lingua inglese.
- maià = mangiare; maià fò = (letteralmente "mangiar fuori") vendere, svendere per necessità, sperperare
- catà = prendere, cogliere; catà fò = scegliere; catà sö = raccogliere
Note
<references/>
Bibliografia
- Bortolo Belotti. Storia di Bergamo e dei bergamaschi.
- Umberto Zanetti, La grammatica bergamasca - Bergamo, Sestante, 2004. ISBN 8887445591.
- "Dizionario italiano-bergamasco", compilato da Carmelo Francia e Emanuele Gambarini, Bergamo: Grafital, 2001.
- "Dizionario bergamasco-italiano", compilato da Carmelo Francia e Emanuele Gambarini, Bergamo: Grafital, 2004.
Voci correlate
Altri progetti
- Convezioni ortografiche del Ducato di piazza Pontida (in bergamasco, sulla Wikipedia nei dialetti lombardi)