Bona Dea
Sotto l’appellativo Bona Dea, che ha un significato generale, di Grande Madre, si venerava una antica divinità indigena laziale, di cui era vietato pronunciare il nome.
La vera identità della dea traspare attraverso i vari miti che circondano la sua storia, cosi come ci vengono tramandati dagli autori antichi, oppure attraverso la tipologia del culto che veniva celebrato. Purtroppo la Bona Dea non trova una chiara caratterizzazione nemmeno esaminando le fonti antiche; in linea generale la versione più accreditata del mito la vuole moglie o figlia di Fauno, secondo la versione riportata da Lattanzio la dea è la moglie di Fauno, una moglie molto abile in tutte le arti domenstiche e molto pudica, al punto di non uscire dalla propria camera e di non vedere altro uomo che suo marito. Un giorno però trovò una brocca di vino, la bevve e si ubriacò. Suo marito la castigò a tal punto con verghe di Mirto che ne morì. Questo spiega l'esclusione del mirto dal suo tempio.
Ella viene collocata quindi in quella che è la storia antica del Latium da cui proviene la genealogia degli eroi e dei principi, su cui si fonderà, in seguito, gran parte della propaganda imperiale romana, in particolare quella Giulio Claudia.
Un'altra maniera per conoscere la dea è riscontrabile nella tipologia del culto a lei dedicato. La descrizione del culto ci mostra una divinità che opera pro populo , quindi per la salute di tutta Roma. Quali rappresentanti al femminile dello stato, le donne dell’aristocrazia sono preposte alla celebrazione del culto, un culto che veniva svolto strettamente in privato escludendo qualunque figura maschile, compresi gli animali.
Infatti quando nel 62 AC Publio Clodio si travestì da donna, per partecipare segretamente al culto che si celebrava nella casa di Giulio Cesare, seguì una grave crisi politica, dovuta questa profanazione.
Aveva il santuario sotto l'Aventino e qui in un Bosco sacro le donne e le ragazze celebravano ogni anno i misteri della Bona Dea nei primi di dicembre. In essi,come sopra detto, gli uomini erano esclusi. Ercole escluso egli stesso aveva istituito per vendetta presso il suo Altare, posto poco lontano da quello della dea, cerimonie dove le donne non potevano partecipare. (Vedi scritti di Macrobio e Properzio)